Per Job on call, anglicizzazione del cosiddetto “contratto di lavoro intermittente o a chiamata”, si intendono i casi in cui il datore di lavoro usufruisca della disponibilità del lavoratore ad essere contattato per una prestazione lavorativa qualora il committente lo ritenga opportuno.
Questa tipologia di contratto, introdotta nel 2003 dal D.Lgs n.276 più comunemente noto come “Legge Biagi”, dopo un percorso legislativo abbastanza travagliato negli anni 2007/2008, è stato infine regolamentato con la Riforma Fornero (Legge 92/2012) indicando i limiti all’impiego di tale tipologia di contratto.
Come viene utilizzato il lavoro a chiamata o “Job on Call”
Utilizzato principalmente quando si richiede una prestazione a carattere discontinuo, i settori che fanno riferimento a tali tipologie contrattuali sono in particolare quello alberghiero, turistico, commercio, lavoratori dello spettacolo, ecc.. Con la Legge 99/2013 è stata definita l’ammessibilità del contratto a chiamata per ogni lavoratore e con lo stesso committente per un periodo che non deve superare complessivamente le 400 giornate nell’ arco di tre anni solari; qualora si superasse tale periodo il rapporto di lavoro dovrà essere convertito in un contratto a tempo indeterminato. Restano esclusi da questa regolamentazione i settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
La regolamentazione del lavoro intermittente
Il Job on Call è regolamentato in base alla contrattazione collettiva nazionale/regionale/aziendale di ciascun settore per lavoratori che non superino i 24 anni di età, (in tal caso il termine del rapporto dovrà cessare entro il 25esimo anno), o per persone che vadano dai 55 anni in poi. Il contratto a chiamata ha inoltre valenza anche nei fine settimana, nei giorni festivi come periodi pasquali o natalizi o nei giorni feriali estivi.
Quali datori di lavoro possono utilizzare il Job on Call
Tutti i datori di lavoro possono usufruire di questa tipologia di contratto nei casi previsti dalla Legge; i casi in cui un committente non possa avvalersi di ciò sono i seguenti:
- quando si voglia sostituire lavoratori in sciopero;
- quando non si sia effettuata una corretta valutazione dei rischi;
- quando sia in atto una cassa integrazione diversa da quella spettante o comunque quando sia in atto una sospensione di rapporto di lavoro o riduzione dell’orario;
- quando si sia proceduto a licenziamenti collettivi nei sei mesi antecedenti all’assunzione, (salvo casi previsti da ccnl);
Quanti contratti a chiamata possono interessare un lavoratore
Un lavoratore ha la possibilità di compiere più di un contratto a chiamata purché questi non siano incompatibili e purché sia rispettato il limite imposto riguardo il riposo settimanale obbligatorio come previsto dal D.Lgs 66 del 2003. Il datore di lavoro dovrà poi precisare nel contratto:
- la durata, (determinato o indeterminato ed in questo caso il lavoratore dovrà impegnarsi a rendersi disponibile nei confronti dell’azienda ogni qualvolta ce ne sarà bisogno, anche in periodi di inattività);
- le esigenze che spingono al ricorso di tale contratto;
- l’indicazione dei tempi così come le modalità in cui il committente ne chiede la prestazione;
- il luogo di lavoro;
- tempi e modalità di erogazione del compenso pattuito;
- eventuali misure di sicurezza in base all’attività svolta;
Altre caratteristiche del lavoro a chiamata
Questa tipologia di contratto è caratterizzata anche da:
- garanzia di disponibilità: in questo caso il lavoratore si impegna, a fronte di un indennizzo stabilito nella misura non inferiore al 20% delle retribuzioni come da ccnl, a rendersi disponibile ad eventuali chiamate da parte del datore di lavoro a meno di avvisare con giusto preavviso, l’impossibilità di adempiere all’onere causa malattia;
- senza garanzia di disponibilità: il lavoratore in questo caso puo’ rifiutare di rispondere ad una chiamata da parte dell’azienda. Da tenere a mente che dal 18 Luglio del 2012 sul datore di lavoro grava l’onere di una preventiva comunicazione della chiamata al lavoratore; tale comunicazione può essere effettuata per una singola prestazione o per prestazioni multiple che non superino i 30 giorni continuativi. La mancata comunicazione può far scattare sanzioni amministrative per ciascun lavoratore non denunciato per un importo che va dai 400 ai 2400 €.
Da ricordare infine, che tale comunicazione da parte del datore di lavoro va inoltrata compilando il modello Uni-intermittenti attraverso specifici canali informativi, ed inviata o tramite PEC o mediante il portale internet click-lavoro.